Littorina

Il tema delle Ferrovie in Calabria fu discusso solo negli ultimi anni del Regno delle Due Sicilie, per promuovere lo sviluppo di alcune attività industriali legate alle antiche miniere di ferro di Mongiana, della Vallata dello Stilaro e dell’area delle Serre. La costruzione del collegamento ferroviario Tirrenico incrociava gli interessi di più parti. Nel 1861 il ministro Peruzzi propose il collegamento come elemento di grande utilità per Calabria e Sicilia e nel 1870 la Camera del Regno autorizzò il governo affinché procedesse alla sua costruzione. La costruzione della Tirrenica, tuttavia, non iniziò subito: l’incarico, affidato dal governo, alla Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo non permise un veloce avvio dei lavori progettati e si dovette attendere la riorganizzazione delle ferrovie con la legge e le convenzioni del 1885. Tra il 1883 e il 1887 risultavano attive, infatti, solo le tratte Battipaglia-Agropoli-Castelnuovo Vallo estese per 50 km e Reggio Calabria-Villa san Giovanni-Bagnara estese per 29 km. Fu in questo frangente che a Monteleone (ai tempi nome dell’attuale città di Vibo Valentia) si avviò un intenso dibattitto sulla scelta del tracciato che la linea ferrata avrebbe dovuto avere all’interno dei confini comunali. L’argomento fu uno dei temi principali tra quelli trattati per molti anni dal principale giornale della città, L’Avvenire Vibonese, periodico fondato nel 1881 da Eugenio Scalfari.

Oltre un secolo fa, fu finalmente inaugurata, nel lontano 2 luglio del 1917 la tratta ferroviaria Vibo Marina-Monteleone e dopo sei anni, precisamente il 4 ottobre del 1923, la littorina raggiunse anche Mileto. La realizzazione del tratto ferroviario Porto S. Venere-Mileto fu determinante per lo sviluppo economico e culturale del territorio vibonese. Grazie al continuo via vai dapprima dei treni misti a vapore successivamente delle moderne "littorine" diesel, le popolazioni del territorio poterono spostarsi comodamente per intessei e per scambi commerciali, raggiungendo comodamente anche le scuole della città e le località della Costa degli Dei.  La tratta ferroviaria, con partenza da Porto S. Venere, prevedeva le fermate alle stazioni e ai caselli di Pizzo Calabro, Longobardi-S. Onofrio, Monteleone, Vena, Ionadi-Cessaniti, San Costantino Calabro e infine Mileto. Un tratto con paesaggi pittoreschi, dove la vista del golfo Lamentino, con i piroscafi attraccati ai moli foranei, cedeva il passo agli uliveti e all’ampia valle del fiume Mesima. Purtroppo, lungo il tracciato, molti erano i tratti franosi e il conseguente rischio di caduta di massi sui binari. Il 27 ottobre del 1927 a causa di un macigno di circa cento quintali caduto nei pressi della stazione di Longobardi, la tragedia fu evitata soltanto grazie alla prontezza del macchinista Giuseppe Crea che riuscì, azionando i freni, a bloccare la locomotiva a pochi centimetri dall’ostacolo. Una sciagura ferroviaria, purtroppo, soltanto rimandata nel tempo. Il 17 novembre del 1951, infatti, l’automotrice 36 venne trascinata a causa del crollo dell’ultima arcata del ponte Ciliberto, sito tra Pizzo e Vibo Marina, precipitando da un’altezza di circa 18 metri. Undici furono i morti e trentotto i feriti. Dopo questo grave incidente, rimase funzionante solo il tratto Mileto-Pizzo ma successivamente, nonostante le rassicurazioni del Governo dell’epoca, la linea fu abbandonata a se stessa e chiusa nel 1966 per lasciare spazio al trasporto su gomma. La fine di un’epoca e di un servizio che oggi avrebbe potuto ridare fiato alla fragile economia della provincia vibonese.